GIOCHIAMO CON IL LEGO? COME IL “FARE” AIUTA A PENSARE IN AZIENDA
Mentre i figli aspettano l’uscita nelle sale cinematografiche di “The Lego movie”, in ufficio i genitori giocano con le cotruzioni. Perché pensare con le mani permette di visualizzare concetti astratti e favorisce i rapporti interpersonali.
“Quando ci sembra di trasmettere informazioni con successo comunicandole a voce, se si potessero vedere in atto i processi mentali dell’interlocutore si constaterebbe che questi “ricostruisce” una versione personale delle informazioni che stiamo cercando di convogliare. È questo in breve il concetto di costruzionismo come lo intendeva Seymour Papert, matematico sudafricano, studioso di intelligenza artificiale che introdusse il termine negli anni Settanta.
L’idea di base è che la costruzione che ha luogo nella testa spesso si verifica in modo particolarmente felice quando è supportata dalla costruzione di qualcosa di molto più concreto: un castello di sabbia, una torta, una casa di Lego o una società, un programma di computer, una poesia, o una teoria dell’universo. Il prodotto può essere mostrato, discusso, esaminato, sondato e ammirato. Una lezione utilissima anche al Mice.
Nel concreto di una realtà aziendale come qualcosa di costruito con le mani può essere utile per espandere la conoscenza? Costruire qualcosa con le mani è un’attività di team building dalle diverse valenze. Se queste attività avvengono in un contesto completamente estraneo dalla realtà aziendale, dando la possibilità di affrontare in maniera semplificata e apparentemente giocosa i diversi step, risultano subito evidenti i benefici.
In un team building in cui i partecipanti vengono coinvolti per costruire qualcosa, l’aiuto di un manuale di istruzioni può fare la differenza? Da un punto di vista strettamente incentive è preferibile lasciare spazio alla creatività. In un contesto di celebrazione, quali convention e kick-off aziendali, trovarsi a dover meramente eseguire un progetto potrebbe minare gli aspetti squisitamente ludici dell’attività. In un team building di formazione le cose cambiano. Ogni gruppo di lavoro ha delle caratteristiche: in termini organizzativi, in termini procedurali, relazionali e così via. Ipotizziamo un team di lavoro molto orientato all’aspetto tecnico, con forti vincoli procedurali e con un ambiente di lavoro molto “codificato”. Ponendo un gruppo del genere di fronte alla sfida di produrre un’opera creativa potrebbe generare valutazioni di superficialità e frivolezza nei confronti dell’attività proposta. Al contrario, per un gruppo creativo, magari con partecipanti provenienti da marketing o vendite, abituati a gestire l’imprevisto e che tipicamente confidano sulla propria personale capacità di gestire situazioni complesse, la somministrazione di un manuale con dei “pezzi” da cui ricavare un elaborato già previsto a monte, potrebbe portare ad un atteggiamento demotivato e con scarso coinvolgimento.
A questo proposito è diventata oramai un’istituzione il Lego Serious Play, che nasce agli inizi degli Anni 2000 da una ricerca dell’IMD, prestigiosa business school di Losanna, in partnership con Lego. È una metodologia di sviluppo organizzativo fondata sull’impiego dei mattoncini Lego per facilitare le pratiche manageriali. Obiettivo principale è quello di condurre i partecipanti a costruire con le proprie mani un modello tridimensionale del proprio problema, sia esso di carattere strategico, operativo o relazionale. Un workshop Lego Serious Play dura una/due giornate, a seconda dei temi trattati e degli output attesi. Si lavora con tavoli da 10 persone gestiti da un facilitatore (setting che può essere moltiplicato secondo specifiche esigenze aziendali, fino a lavorare anche oltre 100 persone per volta).
I format sono molteplici. Si va dalla costruzione di auto o barche (con un libretto di istruzioni modello Ikea), che poi vengono utilizzate per una gara; si costruiscono ponti o torri con la pasta (Pasta Building), architetture d’interni con i mattoncini, fino ad arrivare a progetti sociali concreti come la costruzione di piccole pale eoliche o piste ferroviarie che sfruttano, per funzionare, pannelli solari. Ultimo nato (della famiglia cibo e vini) è l’Happy Hour (Bar Challenge), che consiste nel miscelare un cocktail completamente nuovo, dargli un nome e inventare una sua storia creando un breve spot pubblicitario realizzato da tutto il team. Tutti i format prevedono un momento di competitività tra le squadre (gare, regate, torri più alte…).
Tratto da McOnline.it